Esprimere il proprio stato d'animo con il pianto e con il sorriso è segno di forza di debolezza o di cos'altro?

[...] Al giorno d’oggi la società ci costringe ad essere persone che in realtà non siamo, è l’onore quello che conta, l’orgoglio, l’impassibilità di fronte ad ogni circostanza. Proprio per questo il pianto può costituire un segno di forza d’animo, di affronto aperto verso una società che annulla i sentimenti più personali. Coloro che mostrano le proprie emozioni aprono se stessi agli altri e riescono anche a comprenderli meglio. Alla fine di tutto quindi è così grave, vergognoso, fragile e pietoso mostrare noi stessi attraverso atti come il pianto o il riso? [...]

Michelle Tcherkes Zade
Scuola per l'Europa

Le lacrime di roxie

Roxie era sdraiata su un letto... piangeva. Si calmò e si asciugò le lacrime. Lei non aveva paura. Uscì di casa. Si diresse verso la piscina comunale, il suo regno, dove lei era l'indiscussa regina... Prese un bel respiro ed iniziò a saltellare sul trampolino... Immaginò come sarebbe stato ora che...

Roxie era sdraiata su un letto con la faccia premuta sul cuscino. Piangeva. Non voleva farsi vedere così da nessuno. Non in quello stato. Mentre le lacrime le scorrevano veloci sulle guance, lei cercava di rimanere lucida, di tornare al presente ma la sua mente era distante, viaggiava indietro nel tempo, ripercorrendo tutti i bei momenti passati insieme, ripescando ogni ricordo, rammentando i pensieri, le emozioni, le sensazioni... Era alla ricerca di qualcosa di negativo ma ben presto una voce le affollò la mente e qualsiasi cosa pensasse le rimbombava in testa una sola frase, associata ad un'immagine. Roxie si calmò e si asciugò le lacrime con la manica della camicetta. Non voleva piangere, non per quel motivo. Lei non aveva paura, era una ragazza tenace. Ma certe volte la tenacia non basta. Era stata addestrata a soffrire e aveva capito che certe volte piangere aiuta, per sfogarsi e per riflettere e che non bisogna vergognarsi perché non è segno di debolezza. Ma a Roxie non importava, detestava piangere. Non voleva sentirsi inutile. Si alzò di scatto, prese la sua sacca, la controllò e uscì di casa. In sella al motorino, con l'i-pod nelle orecchie ed il vento che le sferzava la faccia si diresse verso la piscina comunale, il suo regno, dove lei era l'indiscussa regina, dove tutto quello che succedeva al di fuori non era importante perché adesso c'erano solo due cose: Roxie e l'acqua. Prese un bel respiro ed iniziò a saltellare sul trampolino più alto per slanciarsi un pò quando fu pronta si lasciò andare "volando" nel vuoto. Intanto che cadeva immaginò come sarebbe stato se sotto non ci fosse stata l'acqua ad accoglierla. Immaginò come sarebbe stato ora che era da sola. Ora che il suo cuore e la sua anima non c'erano più. Immaginò a come avrebbe passato le sue giornate... in solitudine, senza nessuno che la accarezzava, che la stringeva forte a se, che la baciava, che la faceva stare bene anche quando era triste. Niente più cinema, passeggiate, pattinaggio, cene insieme, pomeriggi l'uno a casa dell'altro. Niente perché lui non c'era più, l'aveva lasciata. Tutto finito, per colpa di una scommessa, per colpa di Roxie che non si era riuscita a spiegare, per colpa di lui che non l'aveva voluta ascoltare, per colpa di quel bacio proibito che non doveva dare. E proprio mentre sta per entrare in acqua... apro gli occhi. Il cuscino è bagnato di lacrime. Non era un sogno.

Michelle Tcherkes Zade - Scuola per l'Europa - 13

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